Sabato 6 Gennaio, i cristiani celebrano la manifestazione di Dio a tutti i popoli della Terra. Per comprenderne il significato prendiamo le parole di monsignor Franco Cecchin, presbitero della Chiesa ambrosiana, il quale, a pagina 71 del suo libro “A ciascun giorno la sua Parola – Anno A”, Àncora Editrice, spiega l’evento citando il Vangelo: «Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”(…).
L’epifania del Signore ci porta quindi ad approfondire che lui il Figlio di Dio si è fatto uomo perché vuole essere il “Dio per tutti”. Dal Natale di Gesù nasce la missione, nasce la voglia di camminare, nasce la voglia di comunicare. Epifania del Signore è invito all’apertura missionaria perché Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla verità.
Un serio dialogo missionario presuppone ed esige il primato dell’annuncio. La seconda caratteristica è di non ridurre il dialogo ad un semplice artificio strumentale. Il dialogo con le altre culture, con le altre religioni si può approfondire nella reciproca conoscenza di Dio, nella preghiera, nella grande legge dell’amore, nell’impegno per la dignità di ogni persona umana».
Già, il dialogo, quella parolina “dolce” che ci siamo sentiti ripetere centinaia di volte nel corso del 2023 e che torneremo ad ascoltare nel corrente 2024.
A furia di invocare “il dialogo” e di volere essere a tutti i costi “dialoganti” abbiamo finito per snaturare il significato del termine.
Sosteneva il filosofo torinese Norberto Bobbio (1909 – 2004) che «La prima condizione perché il dialogo sia possibile è il rispetto reciproco, che implica il dovere di comprendere lealmente ciò che l’altro dice».
Biden e Putin che genere di dialogo potranno aprire per chiudere la guerra in Ucraina?
L’iraniano Raisi e l’israeliano Netanyahu dialogheranno mai?
Se stiamo con i piedi per terra e guardiamo la realtà per ciò che è, diventiamo più sobri nei comportamenti e probabilmente anche più parsimoniosi nell’uso di certi vocaboli. Per l’anno appena iniziato facciamo almeno il proposito di non abusare più nell’uso di certe espressioni.
In politica il compromesso è un obiettivo auspicato e spesso raggiungibile, ma il dialogo, cioè il colloquio tra due o più persone, è qualcosa di ben più impegnativo e oggettivamente quasi mai ottenuto.
Il dialogo presuppone infatti una serie di elementi comuni tra i dialoganti: fiducia, empatia, attenzione e apprezzamento.
Una serie di valori comuni e una predisposizione a guardare verso quell’Alto cui accenna nel suo commento monsignor Cecchin.
Per essere credibili persone di dialogo occorre mettere Dio in cima ai propri pensieri. Finché i “padroni del vapore” non prenderanno coscienza che senza riferirsi a Dio la loro opera di “dialogo” è destinata a rimanere sterile, milioni di innocenti continueranno a soffrire.